venerdì 20 aprile 2012

Irri(pro)ducibili

Pare siano i "precari" il segno distintivo di questo momento storico. Questi giovani senza età, che non sanno accontentarsi, anzi gioire di equilibri instabili, orizzonti corti, progettualità impossibile.
Tra le tante gratuite affermazioni, pesanti come macigni in petto, che a questo informe pubblico è toccato ascoltare, risuona ancora quella infelice dichiarazione del professor Monti sulla noia che il lavoro stabile provocherebbe. Il contesto è quello di una riforma del lavoro che parrebbe destinata ad estendere la condizione di precarietà un po' a tutta la popolazione dei comuni mortali.

Io di annoiarmi non ho tempo, nemmeno volendo. Perché per mantenermi devo procurarmi una serie infinita di lavori e lavoretti, spesso contemporanei, che mi portano a dedicare al lavoro anche più di 20 ore al giorno. Non mi sento libera di dire di "no" a nessuna eventuale offerta, anche se ho già impegni che mi tolgono il respiro: il mio orizzonte temporale tanto breve mi fa vedere il futuro fino a dopodomani, segue il nulla. Quel nulla lavorativo non può trasformarsi in nulla alimentare e, prima ancora, monetario: la casa costa, l'energia elettrica costa, l'acqua costa, tutto costa. Tutto tranne il lavoro che ha un valore infinitamente piccolo. Tutto tranne il tempo che, risorsa preziosissima, ha un valore variabile dall'incommensurabile per me al niente per il mondo del lavoro. Tutto tranne la vita sociale, assolutamente impossibile da sostenere, mantenere, a volte creare. La nuova chimera.
Non ci si annoia, ma si resta soli, in bilico e soli.

E' che la nostra generazione, che io non definirei dei precari che, tutto sommato, ci son sempre stati, io la definirei
la generazione degli "irriproducibili".
Dopo quella dei proletari, che sembravano poter avere solo figli, questa nostra generazione di nullatenenti in termini sociali.
Possediamo un portatile, a volte un i-phone, tecnologie che ci permettono di lavorare ma, soprattutto, di intessere relazioni sociali virtuali, siamo connessi in network di persone, ci scambiamo informazioni impressioni emozioni filtrate dai media e poi, spesso, non abbiamo un* partner, ma soprattutto quasi tutti non abbiamo figli*.
Non riusciamo a riprodurci, se non per caso, per sbaglio o per fortuna...
Spesso nemmeno riusciamo ad immaginare di farlo, di generare, di creare altri esseri umani.
Magari lo vogliamo, magari anche fortemente, ma... come si fa?
Come si fa se si riesce a vedere solo fino a dopodomani?

E tuttavia andiamo avanti, come montoni. Irriducibili.

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